Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/177

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impossibile che la bella creatura regale e taciturna, nei cui occhi sdegnosi brillava tutta la fierezza d’una razza dominatrice, si abbassasse ad amarlo e neppure a guardarlo.

Margherita parlava poco; non era civetta, non cambiava aspetto nè voce, quando gli uomini le rivolgevano lo sguardo o la parola; e Anania l’amava anche per questo, e non vedeva che lei, non guardava altra donna che per paragonarla a lei e trovarla inferiore; e più egli diventava uomo e lei donna, e più la passione lo infiammava: spesso gli sembrava impossibile che anni ed anni dovessero ancora passare prima che ella diventasse sua.

Durante le ultime vacanze si erano spesso trovati soli, nel cortile di Margherita, favoriti dalla serva che facilitava la loro corrispondenza.

Di solito essi tacevano, ma mentre Margherita, o per paura o per pudore tremava, vigile e melanconica, Anania sorrideva, completamente dimentico del tempo, dello spazio, delle cose e delle vicende umane.

— Perchè non mi ripeti le parole che mi scrivi? — le domandava.

— Taci!... Ho paura....

— Di che? Se tuo padre ci sorprende io mi getterò per terra, gli dirò: «No, non facciamo del male; siamo già uniti per l’eternità....» Non aver paura; io sarò degno di te, io ho un avvenire davanti.... Io sarò qualche cosa!

Margherita non rispondeva, e vedendola così bella e gelida, con gli occhi illuminati dalla