Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/211

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pareva un drappo di scarlatto; ad un tratto un gigante sorse sul patiu1 e cominciò a cacciar fumo dalla bocca. In breve tutto il cielo si oscurò. Che paura, Nostra Signora mia del Buon Consiglio! Ma ad un tratto vidi San Giorgio con in testa la luna piena, ed in mano una leppa lucente come l’acqua. Tiffeti, taffati! — concluse la vecchia, roteando un coltello da cucina, — San Giorgio tagliò la testa al gigante, e il cielo ritornò sereno.

— Era la febbre.

— Ebbene, sarà stata la febbre, ma io vidi il gigante e Santu Jorgj: sì, li vidi con questi occhi.

Anania ascoltava con piacere i suggestivi racconti di zia Varvara. Sentiva, nelle parole nostalgiche della vecchia esiliata, l’aroma della terra natia, il soffio carico delle essenze selvaggio dell’Orthobene e del Gennargentu.

— Ah, come mi divertirò, queste vacanze! — diceva alla vecchia. — Voglio recarmi a tutte le feste, voglio visitare il mio paesello natio: voglio salire sul Gennargentu, su Monte Rasu, sui monti di Orgosolo.

— E lei non viene più in Sardegna? — chiese una sera a Maria Obinu.

— Io? — ella rispose, un po’ cupa. — Mai più!

— Perchè? Venga qui alla finestra, signora

  1. Il cortile, o meglio una specie di terrapieno che circonda quasi tutti i nuraghes.