Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/310

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goismo e di crudeltà; la Minerva taciturna apriva le labbra per bestemmiare: il simbolo s’apriva, si spaccava come un frutto, roseo al di fuori, nero e velenoso all’interno. Ella era la Donna, completa, con tutte le sue feroci astuzie.

Ma il maggior tormento di Anania era il pensare che ella indovinava i suoi più segreti sentimenti e che aveva ragione: sopratutto ragione di rimproverargli l’inganno usatole, e di pretendere da lui il compimento dei suoi doveri di gratitudine e d’amore.

— È finita! — pensò. — Doveva finire così.

Si rialzò e rilesse la lettera: ogni parola lo offendeva, lo disgustava e lo umiliava. Margherita dunque lo aveva amato per compassione, pur credendolo vile come era vile lei. Ella forse aveva sperato di farsi di lui un servo compiacente, un marito umile; o forse non aveva pensato a nulla di tutto questo; ma lo aveva amato solo per istinto, perchè era stato il primo a baciarla, il solo a parlarle d’amore.

— Ella non ha anima! — pensò il disgraziato. — Quando io deliravo, quando io salivo alle stelle e mi esaltavo per sentimenti sovrumani, ella taceva perchè nella sua anima era il vuoto, ed io adoravo il suo silenzio che mi sembrava divino; ella ha parlato solo quando si destarono i suoi sensi, e parla ora che la minaccia il pericolo volgare del mio abbandono. Non ha anima nè cuore. Non una parola di pietà: non il pudore di mascherare almeno il