Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/311

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suo egoismo. Eppoi come è astuta! La sua lettera è copiata e ricopiata, sebbene riveli la grossolana ignoranza di lei: quanti «che» ci sono! Mi sembrano martelli, pronti a fracassarmi il cranio. Le ultime righe, poi, sono un capolavoro.... ella sapeva già, prima di scriverle, l’effetto che dovevano produrre.... ella è più vecchia di me.... ella mi conosce perfettamente, mentre io comincio appena adesso a conoscerla.... ella vuole attirarmi al convegno perchè è sicura che se io ci vado mi inebrio e divento vile.... Inganno! inganno! inganno! Come la disprezzo ora! Non una parola buona, non uno slancio generoso, niente, niente! Ah, che rabbia! (torse di nuovo la lettera). Vi odio tutti; vi odierò sempre! Voglio essere cattivo anch’io; voglio farvi soffrire, schiantare, morire.... Cominciamo!

Prese il sacchettino ancora avvolto nel fazzoletto di colore, e poco dopo lo mandò a zia Grathia.

— Tutto è finito! — ripeteva ogni momento. E gli pareva di camminare nel vuoto, fra nuvole fredde, come sul Gennargentu; ma adesso invano guardava sotto, intorno a sè: non via di scampo; tutto nebbia, vertigine, orrore.

Durante la giornata pensò cento volte al suicidio; s’informò se poteva presentarsi subito agli esami per maestro elementare o per segretario comunale; andò nella bettola e presa fra le braccia la bella Agata (già fidanzata con Anto-