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Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/321

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con una lunga barba nerissima quadrata, e due occhi neri rotondi spalancati. Lo strano tipo, che teneva fra le mani un grosso rosario nero, guardò ferocemente Anania, e il giovine se ne accorse e cominciò a sentire una misteriosa inquietudine. Una idea terribile gli balenò in mente. Ricordò l’aria impacciata del carrozziere che gli aveva recato la notizia della grave malattia di sua madre; ripensò che pochi giorni prima Olì era sofferente, ma non malata, e capì che gli si voleva nascondere qualche cosa di truce. Intanto la vedova, rimasta accanto alla porta, diceva al paesano:

— Fidele, bada al cavallo: ecco, la paglia è là. Muoviti.

— A che ora è morta? — chiese Anania, rivolgendosi anch’egli al paesano, i cui occhi neri rotondi come due buchi lo suggestionavano stranamente.

— Alle due! — rispose una voce di basso profondo.

— Alle due! Ho ricevuto la notizia a quell’ora, io! Ah, perchè non avvertirmi prima?

— Che potevi fare? — osservò la vedova, che badava sempre al cavallo. — Muoviti, Fidele, figlio, — aggiunse con un po’ d’impazienza.

— Perchè non avvertirmi? — ripetè Anania con voce lamentosa, curvandosi automaticamente per togliersi lo sprone. — Ma che cosa ha avuto? Ma il medico, dunque?... Dio, Dio mio.... io non sapevo niente! Ora vado a vederla.