Pagina:Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu/322

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Si avanzò verso la scaletta; ma zia Grathia, sempre col lume in mano, lo rincorse e lo afferrò per un braccio.

— Che cosa, figlio?... Ma che cosa tu vuoi vedere?... Un cadavere! — gridò, quasi spaventata.

Allora egli si turbò profondamente.

— Nonna! Nonna mia; credete che io abbia paura? Andiamo!

— Bene, andiamo.... Aspetta! — disse la vecchia, e lo precedette su per la scaletta di legno: la sua ombra deforme tremolò sul muro, allungandosi fino al tetto.

Davanti all’uscio della cameretta ove giaceva la morta, zia Grathia si fermò esitando, e strinse nuovamente il braccio di Anania: egli si accorse che la vecchia tremava, e, non seppe perchè, anch’egli sentì un brivido.

— Figlio, — disse zia Grathia a bassa voce, quasi in segreto, — non spaventarti.

Egli impallidì; il pensiero che da qualche momento lo tormentava, deforme e mostruoso come le ombre tremolanti sui muri, prese forma e gli riempì l’anima di terrore.

— Che è? — gridò, indovinando intera l’orrenda verità.

— Sia fatta la volontà del Signore....

— Si è uccisa?

— Sì...

— Oh, Dio! Oh, che orrore!

Egli gridò due volte, e gli parve che i capelli gli si rizzassero sul capo, e sentì la sua voce