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il natale del consigliere 101


guardavano la conculina come un tesoro inestimabile, e solo l’idea di dover attendere il rispettivo padre e zio turbava la loro gioia famelica.

— Dateci almeno il tegame dove c’era il sugo, — implorò Antoneddu, l’omino rossiccio dai grandi occhi verdastri. — Vedrete, lo leccherò che non ci sarà bisogno di lavarlo...

— Nel tegame tengo la porzione di Battista. S’egli tarda a rientrare, e se è andato al villaggio e quindi alla bettola, tarda certo, noi mangeremo.

Allora i ragazzetti s’affacciarono alla porta, si spinsero fino alla muriccia per spiare se il casellante tornava. La luna sorgeva dai monti di Nuoro, gialla come una fiamma, saliva dall’una all’altra delle lunghe nuvole nere che macchiavano il cielo pallido della sera: i binari scintillavano, lungo la strada, come fili d’acqua, e le macchie e le roccie, nel chiarore incerto, sembravano bestie addormentate.

I bimbi erano superstiziosi, ma anche coraggiosi; aspettavano sempre di veder passar di corsa cavalli e cani leggendari, o il demonio travestito da pastore, con una kedda (branco) di anime dannate convertite in cinghiali, o di veder una dama bianca seduta su un’altura a filar la luna. Antoneddu viveva in attesa del passaggio della Madonna travestita da vecchierella mendicante, Grassiedda, la biondina balbuziente, guardava se vedeva il cielo aprirsi e, attraverso le lu —