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134 padrona e servi


alla vita comoda che li aspettava se lo zio Agostino gli lasciava i suoi beni....

S’alzò e curvo, tastoni, prese le scarpe dell’uomo che russava. Pesavano, ed egli sentì sulle sue dita calde il freddo dei loro chiodi consumati. Le lasciò e palpando il pavimento cercò le scarpe dell’altro ma non le trovò.

Ed ecco un lieve rumore nel corridoio, come d’un passo scalzo. Egli stette immobile, curvo, con le mani sul pavimento, palpitando come una bestia paurosa. Aveva tutta la coscienza della sua degradazione, e una tristezza appunto istintiva come quella dell’animale in pericolo lo opprimeva; ma cessato il rumore uscì sull’uscio per accertarsi che non c’era nessuno, e al chiarore d’un lumino posto in fondo al corridoio vide un gatto che passava sfiorando il muro con la coda ritta, e un paio di scarpe elastiche sull’uscio accanto che gettavano la loro ombra con due enormi uncini sul pavimento.

Egli le prese, le nascose sotto il pastrano e andò giù: un uomo dormiva nell’atrio, su una stuoia, badando ai cavalli dei viandanti; il portone era chiuso appena col saliscendi. Elia se ne andò quindi tranquillamente, si trovò nella strada litoranea, lungo il mare grigio sotto le stelle tremolanti che pareva volessero staccarsi dal cielo e scender più giù anch’esse.

— È curioso come tutto nella natura e nell’uomo tende al basso,— pensava Elia, cammi-