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al servizio del re 149


Nessuno gli andò incontro. Non era uno di loro, della loro condizione, della loro razza. Era un borghese, anzi un nobile, uno di quei nobili dei villaggi, vestiti anche d’estate di grosso panno e col cappello duro e senza cravatta. Era un bell’uomo alto, col petto sporgente, il viso roseo, i capelli e i grossi baffi bianchissimi.

Appena la guardia lo ebbe introdotto egli volse in giro i grandi occhi rotondi pieni d’inquietudine e di sdegno, poi si volse verso l’uscio come aspettando che qualcuno glielo riaprisse.

— Si rassomiglia al re, — disse il vedovo burlone. — Mi pare di riconoscerlo.

— Se è il re, eccoci ai suoi ordini. Siamo al suo servizio!

— Quello lì è un nobile, un cavaliere, don Predu Deispana, — disse sottovoce uno dei giovani Orotellesi. — È un uomo ricco.

Allora il vedovo si alzò e andò verso il «cavaliere».

Bonas dies, perchè non s’avanza, don Predu? Venga, venga avanti, come sia in casa sua.

Il disgraziato si volse, guardò con degnazione il detenuto, rispose con disprezzo:

— Spero di non avanzarmi affatto, e tanto meno di trattenermi....

Zio Salvatore tendeva l’orecchio: si credette offeso, s’alzò, aprì la bocca: ma poi scosse la testa e sedette di nuovo.

— Ma dal momento che c’è, qui, — insistè