Pagina:Deledda - Chiaroscuro.djvu/167

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quando l’uomo andò ad abbeverare i cavalli ella trasse furtivamente il fazzoletto e mise quella cosa sulla sua mano aperta. E quella cosa era così potente da far bene e da far male? Per quale forza arcana? E i libri sacri non sono altrettanto terribili? Eppure appartengono a Dio. Ah, ecco, ella indovinava: la potenza delle magie è la stessa pótenza di Dio, rapitagli dal demonio Lucifero e da lui trasmessa agli uomini. Un turbamento profondo di coscienza la tormentava.

— Qualche cosa mi succederà; — pensò, rimettendosi in saccoccia l’involtino, e sollevando gli occhi vide il suo compagno ritornare disarmato, senza i cavalli, con tre uomini alti, neri, incappucciati, armati come guerrieri. In due di essi essa credette di riconoscere i banditi incontrati nel cortile della maga, e le parve che uno spiedo freddo le si conficcasse dal cranio alle viscere.

Fu solo il cugino ad avanzarsi fino a lei, mentre quei tre rimanevano a qualche distanza, scuri e fatali come le nuvole sopra le loro teste.

— Il trepiede! — disse l’uomo con ironia macabra, ammiccando. — Essi han bisogno di denari e mandano me a prenderli. Dove li hai? Dammi un segno perchè la tua serva me li consegni. Tu starai con loro in ostaggio: io volerò come l’astore.

Ella gli diede il suo rosario con tre medaglie, una delle quali, antichissima, preservava i cavalli dalle cadute.