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i tre fratelli 293


si beffavano delle fantasticherie giovanili di Pauledda.

Corfu ’e balla, voleva l’ospite, ma ricco! Se fosse stato un venditore di pale e palette di Tonara non l’avrebbe voluto, — diceva Merziòro, il maggiore, un contadino bonaccione, piccolo e roseo con una gran barba nera incolta.

E Taneddu il più giovane, un adolescente ancora bianco e sbarbato, mentre si divertiva a incidere una corredda1 per suo padre che prendeva tabacco, disegnandovi su un vaso di fiori e una colomba, diceva con malizia:

— Così Dio m’assista, è il caso di correre una notte davanti alla casa di Pauledda e battere il portone fingendo d’esser rincorsi da un rivale. Quasi quasi lo faccio....

— Troppo giovane sei per lei, figlio mio. — diceva seria seria la matrigna, mentre Merziòro rideva battendosi i pugni sulle ginocchia.

— Una donna ricca come Pauledda ha sempre quindici anni!...

Predu Paulu, il secondo dei figliastri, coi gomiti sulle ginocchia e il viso fra le mani, sputava fra le sue gambe aperte e taceva. Era un sornione, Predu Paulu; agile e pallido come il fratello minore, aveva la barba nera e l’astuzia del fratello primogenito; le chiacchiere della matrigna lo costringevano a pensare

  1. Tabacchiera di corno.