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l'ultima 311


le ultime case del villaggio. Era il suo ricordo più vivo; un ricordo che del resto la seguiva sempre come un’ombra rossa. Il fuoco era balzato da una siepe, come uno spirito infernale, e in poche ore aveva divorato tutto.

Ritornando alla sua casupola vide l’uomo con la fascia nera intorno al viso scendere il poggio, sparire fra le sabbie rosee e le tamerici gialle. Ma ella non si sentiva più sola, e le sembrava che un nemico fosse annidato come una vipera fra le rovine: tutt’intorno le cose, i cespugli, i cardi secchi, persino la polvere sollevata da un improvviso soffio di vento, tutto pareva agitato da un senso d’inquietudine.

La vecchia preparò la sua cena, ma dopo aver acceso il fuoco si mise nel seno l’acciarino e un fungo secco che le serviva d’ esca, e ogni tanto s’ affacciava alla porticina, spiando la sera.

La terra diventava nera, ma il cielo splendeva ancora come uno specchio, e il vento che scendeva sempre più forte dai monti a nord dava come un ondular d’acqua nell’ombra ai giuncheti della pianura.

Quando tutto fu buio ella chiuse di nuovo la porticina e dopo aver nascosto la chiave sotto una pietra andò cauta e sicura lungo i muricciuoli diroccati, attraverso i mucchi di sassi, fin sotto la siepe che fasciava l’altra catapecchia. Là si accovacciò, con le spalle al vento, e trasse l’ acciarino e l’ esca. Nella