Pagina:Deledda - Colombi e sparvieri, Milano, 1912.djvu/304

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nassiu Arras entrate, zio Remù; c’è qualcuno che vuol parlarvi». Io lo guardai ed egli mi guardò, e ci siamo capiti, Jorgè, perchè gli occhi son più sinceri delle labbra. «Prete Defraja, — gli dissi, — lei sa tutto; che cosa mi consiglia di fare?» Egli mi rispose: «Ciò che vi consiglia la vostra coscienza». Queste parole, agnello mio, queste parole mi hanno stretto il cuore più che tutti gli insulti, i rimproveri, le bestemmie di Innassiu Arras. Perchè io la coscienza ce l’ho, Jorgè, sì, e sempre sveglia come il tarlo entro il legno. Basta, poichè prete Defraja insisteva, misi la sella al cavallo e partii; trovai l’uomo lassù, nell’ovile di Innassiu, buttato in un angolo come un cinghiale ferito; aveva la febbre e delirava raccontando come entrò in casa mia, come rubò, come nascose i denari; e parlava di te, e ti rivolgeva la parola, chiamandoti come un bambino, domandando perdono. Parve non riconoscermi, ma mi raccontò tutto perchè lo racconta a chiunque gli va davanti. «Adesso crederai alle tue orecchie, — disse Innassiu Arras, — che dobbiamo fare?» Ed io sono venuto da te, Jorgj Nieddu: che dobbiamo fare?

— Quello che il vostro cuore vi consiglia.

Il viso del vecchio si rischiarò.

— Ah, tu credi dunque al mio cuore? Ebbene, il mio cuore mi direbbe di lasciar correre.... Quando io avrò denunziato quel pezzente che cosa ne ricaverò? Egli non può più far male a nessuno: e far male a lui, oramai, è come far male a un ladro già impiccato. Ma tu, Jorgè, ma tu....

La sua voce tremò alquanto e le sue parole parvero spegnersi in un sospiro; ma Jorgj capì.

— Non vi preoccupate di me! — disse, e cercò di render aspro il suo accento per nascondere la sua commozione.