Pagina:Deledda - I giuochi della vita.djvu/119

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tanto per dire qualche cosa. Poi accompagnò la straniera fino alla scala, augurandole fra sè che, nello scendere, s’impigliasse nel mantellone e rotolasse sino in fondo. Poi rientrò, ma non ricordò più il fornello, la pentola, il cappello; solo si rimise automaticamente il grembiale, ed entrò in camera, s’inginocchiò davanti al gran letto bianco, e cominciò a piangere. Calò la sera: un melanconico raggio di luna penetrò di sbieco per la finestra, ed il letto, sul cui candore disegnavasi l’ombra arabescata delle cortine, fu tutto coperto da una tenue luminosità d’oro. La giovane madre si rivide su quel letto, con la sua bambina a fianco; e la bambina sorrideva fra sè, il primo sorriso, come devono sorridere gli angeli. Nessun’altra manifestazione di bellezza umana, nessuna aurora di primavera, nè il sorgere del sole dai mari, nè il tramontar della luna sulle montagne, erano belli come quel sorriso di creatura appena nata, come quell’alba di vita.

Il signor V***, giovine, biondo e magro, nel ritornar dall’ufficio trovò sua moglie che piangeva, col capo appoggiato sul letto.

— Che hai? — gridò spaventato. — Perché sei lì al buio? Perché piangi?

Ella s’alzò.