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Onesto | 189 |
una vecchietta gobba col bastone: è coperta di stracci, ma tutta pulita, con un velo di capelli bianchi sulla cute rosea della testa tremolante e due bellissimi occhi azzurri sotto una fronte così spaziosa e rugosa che ricorda la spiaggia al ritirarsi dell’onda.
Anche lei si ferma e mi saluta, poi sorride al cagnolino che le restituisce il saluto scodinzolando.
— Signora — ella dice dopo un momento di esitazione: — lei forse non ricorda la promessa.
Io non la ricordo davvero; ma la ricorda bene lei, che ha una memoria più ferma della mia. Sette anni or sono, vale a dire in un tempo lontano come quello delle fate, laggiù nel lido battuto dal vento di autunno, pare che io l’abbia incontrata mentre raccoglieva fuscelli fra le alghe, e le abbia promesso il mio vestito di lana allora nuovo nuovo.
— Avete ragione. Il mio vestito di lana di quell’anno se n’è da molto andato, però: la primavera lo ha tosato come tosa le vesti delle pecore; ma non dubitate; disgraziatamente per me io uso tenere le promesse, e vi troverò qualche altra cosa.
— Di lana, mi raccomando. D’estate non abbiamo bisogno di nulla; siamo tutti ricchi e vestiti dal buon Dio; ma l’inverno