Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Carbone fossile | 239 |
*
Nel terzo atto siamo a tavola, moglie, marito e figlio, nella chiara e fredda stanza da pranzo.
Sul popolo di stoviglie e sul paesaggio della fruttiera, i due poeti della tavola, la boccia del vino e quella dell’acqua, chiudono il primo in sè ma in agguato il suo cupo fuoco e l’altro il riflesso delle cose intorno e anche del suo compagno in una deformazione luminosa di colori che riversa intorno con un’iride meravigliosa.
Siamo di nuovo in un cerchio magico di felicità: la donna sopratutto è contenta, sebbene senta freddo. Oramai il problema dell’inverno è risolto, con quella miniera in cantina, e davanti a sè ella vede un’eterna primavera anche perchè ha di fronte il figlio.
E parla ridendo dell’avventura del carbone, raccontando l’avidità crudele dell’uomo e l’inaudita resistenza della bestia.
— Pareva un simbolo, quel povero cavallo.
— Ma se era un mulo, mamma!