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118 grazia deledda


— E come sono svelti! — ella disse con ammirazione. — Mi piacciono tanto.

Allora di dietro la vela della barca che i due pescatori anziani avevano tirato su, sbucò Antoniotto. Era seminudo. Il suo dorso luceva come il bronzo. Egli saltò di barca in barca, passando sulle corde come un saltimbanco, finchè arrivò sulla draga, dove cominciò a distribuire pugni e spintoni ai ragazzi più grandi. Soltanto uno di questi reagì, urlando e gettandosi addosso al pescatore. I loro corpi avviluppati si dibatterono alquanto sull'orlo della draga, finchè Antoniotto riuscì a prendere il ragazzo per la vita, la pancia in giù, e dopo averlo sollevato in alto, lo scaraventò nell'acqua che s'aprì e schizzò coprendosi di spuma. Il viso sbuffante e le braccia rosse del ragazzo riapparvero subito a fior d'acqua. Un urlo di gioia saliva dalla draga, immobile sull'acqua verde come una roccia rossastra. Antoniotto, dritto, in equilibrio sulla sponda del legno, pareva una mirabile statua greca, un giovine Apollo marino pieno di grazia e di agilità.

Barbara lo guardava con ammirazione sincera: egli non si volse mai verso di lei, ma cominciò a saltare nell'acqua, prima dalla sponda della draga, poi dalle spalle di un ragazzo. E più il salto era ardito, più svelto egli riappariva nell'acqua che si stendeva attorno a lui con cerchi luminosi, quasi circondandolo d'un'aureola di gloria.

Barbara si accorgeva benissimo che egli faceva tutto questo per dimostrarle la sua forza e la sua