Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/123

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— Tu non uscirai di qui se non mi dirai quel nome. Io lo conosco; ma voglio sentirlo da te.

— Ma, figlia di Dio, io non voglio far pettegolezzi. Non farmi pentire di aver parlato.... di esser venuto....

— Te ne pentirai davvero.... se non dirai quel nome! Parla, dillo! Sono risoluta a tutto.

— Lasciami andare. Ora sei troppo agitata: ne riparleremo un altro momento.

Egli cercava di andarsene, ma aveva paura; ella sembrava fuori di sè, e gridava e lo seguiva, risoluta ad aggrapparglisi addosso come un gatto arrabbiato, e a non lasciarlo finchè egli non pronunziava «quel nome».

— Marielène! Tu diventi pazza? Lasciami. Fai accorrer gente.

— Sia pure! Vengano! Griderò: dirò:... ecco.... dirò: anche costui sa che mi si vuol cacciare via come una serva.... dopo che ho lavorato.... che ho sofferto!... Tutti lo sanno, tutti! Che cosa ho goduto, io? Sono stata una schiava.... e adesso!... Parla! Di’ quel nome.

Ella gridava con voce rauca, incoraggiata dal contegno timido di lui: ed egli sentiva un pazzo desiderio di prenderla a schiaffi, ma la paura di compromettersi