Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/241

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nero, col suo fazzoletto orlato di rose. Era impossibile non fissare l’attenzione su lei; ella aveva qualcosa di fiammeggiante nella persona, e pareva che esalasse un profumo acuto, e che i suoi occhi attirassero come un riflesso lontano o come un lume nella notte.

Egli si sentiva assalito da un malessere quasi fisico; ma continuava i suoi calcoli, pensava alle solite cose, ai lavoranti, alla scorza, ai sacchi, ai carbonai che dovevano arrivare, a sua moglie, poveretta, che lavorava, che era buona, fredda e casta, ma che lo avrebbe ucciso se egli la tradiva con Sebastiana; e pensava a Predu Maria che lo avrebbe ammazzato per la stessa ragione, e ripensava alla casa di Zoseppedda, alla pensione, ai quattrini, facendo mentalmente cifre su cifre, come uno che agitato dall’insonnia conta fino a cento e fino a mille per addormentarsi.

Predu Maria dovette andarlo a cercare per domandargli se scendeva o no in paese.

— È tardi. Sebastiana vuole andarsene.

Bruno guardò l’orologio, così a lungo che Predu Maria gli domandò:

— È fermo?

L’orologio camminava: erano le sei. Bruno lo rimise in tasca e disse laconicamente: