Pagina:Deledda - Il nostro padrone, Milano, Treves, 1920.djvu/279

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qua e di là le coccole del mirto, e domandò:

— Ma lui, che dice?

— Lui? Niente; neanche mi guarda. È un uomo onesto.

— O forse ha paura di tuo marito.... e sopratutto di sua moglie....

— E forse anche. Ed ha ragione: ci ammazzerebbero entrambi.

— Il cantastorie potrebbe fare allora una poesia! — disse Predichedda, balzando in piedi. — Sì, davvero, è una cosa curiosa. Senti, ma perchè gli vuoi bene? È un forestiere e non è bello: perchè ti sei innamorata di lui? È peccato, è vergogna.

— E chi lo sa? Siamo noi padroni del nostro cuore? Tu, perchè vuoi bene a tuo zio? Non è bello ed è cattivo. È peccato, è vergogna voler bene a quella gente!

— È un’altra cosa. Mio zio è così disgraziato; e se non gli voglio bene io, chi gli vuol bene? Io voglio bene a tutti quelli che soffrono, cuoricino mio; vedi, anche di te adesso ho compassione. Vorrei aiutarti; vorrei vederti felice! Se io vedrò Bruno gli dirò: stupido, perchè non la guardi?...

— Ah, taci! Hai giurato di non dir nulla!