Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/143

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mio debito ma non sapere completamente come stavano le cose: aprì sul tavolino un avanzo di registro dove venivano segnati gli abbonamenti alle capanne dei bagnanti, e mi accennò di scrivere.

E io mi misi a scrivere, sotto il chiarore esasperato di un lume ad acetilene che mi ricordava il luogo orribile dove mi ero accorto del furto.

Dissi come il droghiere mi aveva prestato i denari, a usura, e come mi erano stati rubati. E accennavo, senza spiegarmi bene, all’altra mia disgrazia, e al mio dolore di vivere a carico della zia e di non essere buono a nulla, di non aver aiuto da nessuno. Per questo volevo morire.

Era una specie di atto d’accusa che facevo contro gli uomini. Il vecchio mi guardava, aspettando che finissi di scrivere.

Quando ebbi finito strappò il foglio dal registro, lo piegò e se lo mise sul petto sotto la maglia: allora ricordai che egli non sapeva leggere.