Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/183

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L’uomo guardò il suo grosso orologio d’oro: poi s’alzò tutto d’un pezzo.

Aveva fretta di partire: e io adesso sapevo il perché della sua insolita gita al paese vicino; non era per visitare i parenti ch’egli andava, ma per conferire col nano; forse per dargli la mia risposta affermativa.

Mi alzai anch’io e feci cenno di no. No, il terreno io non lo vendevo più; mi sarei venduto l’anima, se occorreva, ma il terreno no.

La zia non aveva cessato un momento di guardarmi; il suo viso ritornava triste e calmo a misura che io mi agitavo per far meglio intendere la mia decisione al mio creditore. E mentre questi stava davanti a me perplesso, stringendo nel pugno l’orologio quasi per fermarne l’ora, i più diabolici progetti passavano nella mia mente. Sarei andato a rubare, sarei andato a chiedere i denari alla moglie di lui: tutto, fuorché lasciar entrare il nano nella mia terra.

D’un tratto vidi la zia alzarsi anche lei, composta, con le povere mani strette l’una con l’altra come per aiutarsi e promettersi qualche cosa a