Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/185

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dentro poiché non poteva risolversi di fuori. A poco a poco mi calmai, mi stesi in faccia al mare. Ero stanco come dopo una lotta: vincitore e vinto nel medesimo tempo.

In quei giorni la zia cadde malata.

Era una semplice pleurite, la sua, ma io mi misi in mente che ella fosse malata di crepacuore per i dispiaceri che io le davo. Mi pare di vederla ancora nella sua cameretta semplice e stretta come una cella, sul suo lettuccio duro, con la sua camicia lunga e accollata e un fazzoletto bianco intorno alla testa. Tutto era bianco e duro e freddo intorno: tutto puro e ghiacciato.

Cominciai ad assisterla, dapprima per un rigido sentimento di dovere, di sacrifizio, poi perché mi pareva ch’ella si abbandonasse al suo male con un nascosto desiderio di morte. In fondo ero contento della sua malattia, che m’impediva di tornare in casa del nostro creditore: un odio sordo mi vinceva per quella gente, compresa la donna: mi pareva avessero tutti fatto lega contro di me, la famiglia del nano con