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Pagina:Deledda - Il ritorno del figlio - La bambina rubata, Milano, Treves. 1919.djvu/210

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riflettersi in quei grandi occhi vitrei ed ebbi un senso misterioso di paura.

Mi sembrò che la zia stesse male: forse s’era inquietata nel non vedermi tornare, forse sentiva quello che io facevo, quello che pensavo di fare... Ma no! Sono sempre illusioni della mia coscienza, vani scrupoli del mio cuore La zia ha richiuso gli occhi e sta tranquilla nel suo lettuccio, nella sua cameretta bianca e umida come una tomba.

Tornai di là, contento ch’ella non mi avesse chiesto nulla della mia gita: così ero sempre a tempo a dirle la verità.

— Domani mattina... — pensavo, tornando nell’ingresso e cercando di uscire senza far rumore. — Tutto sarà chiaro finalmente: entreremo nella verità, in una vita che sarà tutta limpida, fino alla morte.

Intanto era notte e non abbastanza scura per me che invocavo tanta luce. Il cielo s’incupiva, ma le stelle s’avvicinavano alla terra, e laggiù, in fondo alla strada, una pareva sorgere dal mare.

La drogheria era deserta, con le sue scatole rosse, i cestini vuoti, i sacchi che parevano addormentati pesantemente: io ero calmo, o almeno mi pareva: tanto calmo che vedevo e notavo ogni cosa; così vidi che anche la porticina del