Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/69

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no lei mi scappa di casa e torna dai suoi. Furono brutti giorni e brutte notti, finchè non riuscii a sorprenderla col rosso, nella castagnaia. Il miserabile fuggì: lei, la presi per i capelli, e giù, botte da orbi. Ma fu un guaio il peggiore di tutti; poichè l’infelice si ammalò e, dicono, morì per lo spavento. I parenti mi fecero causa; fui assolto, ma per molto tempo, e ancora adesso sogno la ragazza travolta dalla fiumana, coi capelli che si tirano appresso i fuscelli, i rami, i pesciolini. Fu la volta che andai lontano, in cerca di lavoro. Ma il Signore mi rimandò a casa: la casa l’avevo affittata a questa donna qui, che ci viveva col genitore. Mi presero a dozzina; il vecchio morì, la donna rimase mia: e tale è ancora. E il Signore ha messo una pietra sul passato.

La donna, tranquilla, non smette di mangiare; non pronunzia una parola, ma si è allargato il fazzoletto sulle orecchie, come per sentire meglio. L’uomo la guarda; con uno sguardo dritto che pare un raggio di luce: e comincia a parlare bene di lei, commosso, ma di quel turbamento artificiale che dà il vino: finchè lei, finalmente scatta, e con voce di gelosia dice:

– Ma va là, Paolone; mi hai sposato perchè io ti svegli, alla notte, quando fai i cattivi sogni.

Ecco Noemi: la vita dell’uomo, anche di