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128 | due miracoli |
di me. Perchè vieni tu a piangere quà, cosa vuoi, cosa chiedi? Son io la madre disgraziata. Tu hai la pace vicino a te, entro di te, ma è il tuo orgoglio che la respinge, o Batòra, Batòra!
Sì, proprio, zia Batòra sentiva il suo nome, ripetuto a migliaia di volte dall’eco della navata; questo almeno poteva giurare. E presa da un repentino rimorso, da una tenerezza immensa, avrebbe voluto voltarsi e baciare il bimbo di Sadurra, il cui respiro le sfiorava la testa, — ma non poteva, non poteva ancora, benchè sentisse che non sarebbe uscita di chiesa senza far ciò...
La grande commozione, o meglio la tensione che lo spettacolo svolgentesi nell’altare, metteva nelle sue sensazioni, faceva tacere la passione intima di zia Batòra, mentre la vista di quel dolore materno, senza parole e senza confine, sviluppava il suo amore di madre, da lungo tempo represso.
I singhiozzi della donna di Alà erano così forti che dominavano il baccano suscitato dalle convulsioni della bambina. Zia Batòra li udiva con spasimo, e le pareva di provare un acuto dolore fisico; non sapeva dove, nè come, — ma che forse era il soffocamento che l’asfissiava.