Pagina:Deledda - La casa del poeta, 1930.djvu/227

Da Wikisource.

— 221 —

pensò di allontanarmi dal luogo, ma la mia ferma volontà vinse. Servire Dio in pace è troppo felice cosa, e non ha merito presso il Signore: bisogna servirlo nel dolore, fra le ingiustizie, le umiliazioni, i pericoli.

*

Qui la suora si fermò, e poichè aveva raccontato le ultime vicende con voce eguale, monotona, come parlando fra di sè e per sè sola, si riscosse e parve guardarsi attorno.

Era già quasi notte. Lisendra, che andava e veniva, e ascoltava i brani del racconto come i bambini una fiaba che già sanno a memoria, fece per accendere la lampada ad acetilene. Ma don Felis la fermò, e con una voce che voleva essere come al solito beffarda, ma velata da una commossa tristezza, disse:

— Lascia stare: tanto ci vediamo lo stesso: bevete, bevete, suora Cetta: il bicchiere e la bocca li trovate?

Le ricolmò il bicchiere, e bevette anche lui: anzi volle che bevesse anche Lisendra.

— Salute.

— Salute a tutti.

— E così — riprese la cieca — io continuai a fare il mio dovere. Mi occupavo specialmente del vecchio Pe-lang, al quale mi ero affezionata,