Pagina:Deledda - La fuga in Egitto, 1926.djvu/108

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coraggio il suo castigo nella faccia stessa del ragazzo.

Tutta la sua vita era, per questa volontà di espiazione, lineare e casta; sentiva gl’impulsi del male e i bisogni della carne e le rivolte dello spirito, comuni a tutti gli uomini; gli sembrava però di essere a cavallo su un puledro indomito che giorno per giorno frenava e addomesticava.

A volte aveva come delle discussioni con Dio, e sempre ne usciva vittorioso; su un punto solo Dio non cedeva e lui non insisteva: su quel ragazzo che lo faceva soffrire, che non gli dava neppure il compenso di farsi amare.

Anche la vecchia madre dopo aver molto sofferto per la fuga del ragazzo era morta aspettandone il ritorno. Nel suo armadio si trovarono tanti oggetti appartenuti a lui bambino: giocattoli, vestiti, immagini, i primi dentini e i primi riccioli legati con fili di seta; e quando il maestro li vide, finalmente pianse, appoggiato allo sportello aperto dell’armadio come ad una porta che si spalancava su un mondo d’infinito dolore; poi da lontano cominciò a voler bene al giovine, rimproverandosi di averlo allevato senza amore, per solo dovere e quindi per solo egoismo.

Ricominciarono così i colloqui con Dio, finchè un giorno egli si scosse e disse a sè stesso che