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la seguì con uno sguardo cattivo, provocato dal pensiero che ella andasse a confabulare con Proto.
— Che vi ha detto Marga? — domandò il maestro, con la voce divenuta gracile e tremula: ma neppure questa povera voce valse a frenare lo sdegno di Gesuino. Col suo pastrano giallognolo guarnito di pelo, un berretto pure di pelo calato come una cuffia intorno al viso rosso, così corrucciato com’era, egli dava l’idea di un esquimese selvaggio.
Agitato andò su e giù per la stanza, poi si piantò a gambe larghe davanti al letto.
— Che mi ha detto sua nuora? Nulla, mi ha detto. Pare che caschi dal mondo della luna. Pare che non sappia neppure nulla dello stato di quella ragazza.
E poichè il maestro lo guardava mite e silenzioso, scattò:
— Però sa che è sfacciata, quella ragazza? Che è andata adesso a fare al pozzo? Il sole non c’è più. È lei che vuol parlare con Proto.
— E lasciate che parlino. Che male c’è?
— Niente male. La gente mormora, però: e, infine, sarebbe meglio che quella ragazza stesse ritirata in casa.
— Ma se adesso siete stato voi a farle intendere che doveva uscire.
— Poteva ritirarsi su nel soppalco, — disse