Pagina:Deledda - La fuga in Egitto, 1926.djvu/30

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raccogliere cenere e fiammiferi spenti. Ma si sa, i doveri di una buona moglie sono molti. Si fermassero qui! E poi io devo farmi perdonare questo malanno, di stare un giorno su e tre a letto, malanno che riconosco di essermi procurata io col voler troppo bene al mio primo marito. Lei sa che era capitano di lungo corso e padrone di barche, il mio povero Adelmo. Una volta sposati io lo volli seguire dovunque, anche perchè ero gelosissima; così andai con lui fino a Porto Corvo, dove il paese intero è stato distrutto dalla malaria. Ma la mia gelosia non conosceva pericoli, tranne quello di essere fondata. Adelmo mi diceva: è un peccato, il tuo, e Dio ti castigherà. E Dio mi ha castigato. E nei giorni della febbre mi pare che egli sia vivo ancora e mi dica: vedi, adesso se voglio farti torto con qualche altra donna non puoi più corrermi appresso. E ne soffro molto, perchè mi pare ch’egli mi tradisca davvero.

— È morto giovane? — domandò il maestro, un po’ geloso a sua volta, per conto di suo figlio, di questo strano rivale.

— Giovane molto non era, ma lo sembrava. Ma non parliamone più; è una cosa tanto lontana, — ella mormorò chiudendo gli occhi come per non veder più il passato, o meglio per nascondere la sua passione ancora viva. — Per qualche anno, poi, le febbri parvero scomparse: