Pagina:Deledda - La giustizia, Milano, Treves, 1929.djvu/47

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severa donna Maurizia. — Egli lo saprà! Ed ora vuole che tu vada da lui.

— Perchè mi vuole? — pensò Maria turbandosi. — Perchè mi vuole? — chiese.

— Egli lo saprà. Cosa ne so io? Ma tu non andrai, non è vero?

— Andrò, — rispose Maria chinandosi per deporre in terra la scodella, entro cui il gattino mise subito i baffi e le lunghe sopracciglia.

E chiusa nel suo semplice vestito nero, di stoffa rigida e opaca, ella andò. Don Piane faceva colazione con caffèlatte e biscotti, dividendola con Josto e con due neri gatti lucenti che sembravano manicotti. Quando sentì arrivar Maria fece chiudere l’uscio del salotto da pranzo in modo ch’ella s’accorgesse dello sgarbo. Ed ella se ne avvide, ma dritta e rigida salì le scale con passo leggero, entrò da Stefano preceduta da Serafina, e s’avvicinò al letto con disinvolta confidenza.

— Ebbene, cosa c’è di nuovo? — domandò curvandosi un poco.

Stefano sollevò le palpebre guardandola, e vista così, di sotto in su, in modo che i suoi occhi sembravano ancor più obliqui e profondi, gli parve bellissima.

— Siediti, — disse.

Serafina, che spiava avidamente ogni cosa, capì che doveva andarsene, e non potè neppur