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la via del male 145

guardava meno le piaceva, così pallido, terreo, con le mascelle sporgenti e la rada barbetta nera, la fronte bassa, corrugata, il naso aquilino che gli dava un’aria d’uccello da preda. Ma i suoi occhi eran dolci, il sorriso buono; eppoi egli vestiva con eleganza, calzava stivaletti signorili, portava l’orologio, il fazzoletto bianco con la cifra; era insomma un giovine distinto, un uomo ricco, e Rosa poteva ben schiantare d’invidia.

Inoltre le tancas vastissime che circondano la chiesetta dello Spirito Santo appartenevano a Francesco; era suo il bosco dove la comitiva s’indugiava a meriggiare, suo il ruscello, sue le vacche pascolanti; e tutto questo formava come una magnifica cornice intorno alla figura non bella del giovine possidente.

Il sole cominciava a declinare quando la comitiva riprese il viaggio. Il pasto, il vino, l’ora, rendevano allegri, ma d’un’allegria alquanto sentimentale, i cavalieri e le fanciulle. Queste, sedute in groppa ai cavalli un po’ stanchi, si abbandonavano mollemente sulle spalle dei giovanotti, i quali stringevano loro la mano con dolcezza.

Il sole calava sul cielo turchino; una dolcezza ardente era nel paesaggio deserto, sul cui fondo dorato le ombre degli alberi e delle macchie spiccavano vivamente; i ruscelli e le acque stagnanti, che riflettevano i roveti e i giunchi della riva, sprizzavano scintille verdi al passar dei cavalli.

Francesco spronava la sua bella calabrina e precedeva sempre i compagni di viaggio; poi, con