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la via del male 317


I versetti dello prefiche, le parole che ella aveva un tempo ripetute come una lezione, le tornarono in mente con insistenza e le parvero nuove, sgorgate dal profondo dell’anima sua.

«Egli era buono come un agnello e come tale lo hanno sgozzato...»

Come era tenero, casto, affettuoso!

L’anima gli traspariva dagli occhi: vivendo con lui si diventava buoni e leali. Pietro invece bruciava dove toccava, portando con sè e spandendo intorno a sè la maledizione del suo destino.

Se Francesco fosse vissuto ella lo avrebbe amato di vero amore, — ella pensava, — di quell’amore comandato da Dio, casto e profondo, eterno come il tempo, sempre eguale e sempre dolce, e non dell’amore carnale che l’aveva bassamente unita ad un servo...

— Egli, il servo vile, egli mi ha perduto, mi ha assassinato... — ella disse a voce alta, gettandosi sul letto e affondando disperatamente il viso fra i guanciali. — Ha ragione mia madre; egli mi ha stregato. Cosa son diventata io; io, Maria Noina, io, Maria Rosana! Son diventata una donna perduta, la serva di un servo; ho peccato contro mia madre, contro la memoria del morto, contro tutta la mia razza; ho raccolto nel mio letto un servo, un’immondezza vile. Sono stata castigata per questo? Oh, no, Signore, il castigo sarebbe troppo orribile... Che ho fatto io?...

Dalle tenebrose lontananze della sua coscienza, una voce accusatrice cominciava a salire: ma ella