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92 la via del male

alla bettola, ma non bevette e non guardò la moglie del bettoliere: stette lì a chiacchierare e a difendere i suoi padroni, dei quali il toscano parlava male.

Nei giorni seguenti egli lavorò in un orto che i Noina possedevano vicino al paese: all’imbrunire rientrava a casa e cenava coi padroni. Nei momenti ch’egli stava a casa, zia Luisa si serviva di lui per certe piccole faccende domestiche, e una sera lo mandò persino alla fonte con l’anfora sull’omero.

Egli, che in altri tempi si sarebbe ribellato, poichè un servo contadino lavora soltanto la terra, obbediva e si umiliava con gioia, pur di far piacere a Maria.

Non sapeva perchè, da qualche tempo si sentiva buono; talvolta triste, d’una tristezza dolce, ma più spesso allegro come un fanciullo. Certo volte si abbandonava tutto al suo sogno, come nella sera di Natale. Ecco, una sera egli rientrava a casa tardi e trovava Maria sola, seduta accanto al fuoco: anch’egli si sedeva davanti al focolare e guardava con insistenza la giovane padrona.

«Perchè mi guardi così, Pietro?» «Perchè mi piaci, Maria». Ella rideva, egli balzava in piedi, le si curvava sopra, le arrovesciava la testa e la baciava.

Questo sogno bastava per renderlo felice, di una felicità ardente, e di giorno in giorno si mutava in progetto, in idea fissa.

Egli s’era poi procurato un pettine e uno specchio tascabile, e appena si trovava solo non rifiniva di lisciarsi i capelli e la barbetta, guardandosi a lungo gli occhi, le labbra e la fronte.

Si trovava bello, e se ne rallegrava.