Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/142

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già a scuola, e Nino, relegato nella saletta da pranzo, si contentava di sporgere la testa dall’uscio, stringendo sotto il braccio la sua pecorina sporca e raccomandandole sottovoce di non belare.

— Altrimenti quel signore scappa via.

Il bambino provava per quel signore un sentimento arcano, misto di curiosità, di terrore, di odio e di stima. Eccolo che arriva! Come è alto! Come i suoi baffi son dorati e belli! Salvador ha un bel ridere: il bastone dal pomo lucente, l’anello con la goccia d’acqua che quel signore tiene al dito, lo scricchiolio delle sue scarpe, il colore violaceo della cravatta, tutto desta in Nino ammirazione e timore. Il bastone specialmente attira la sua curiosità e il suo desiderio, come un oggetto il cui possesso può dare una grande felicità. Ma questa felicità bisogna sapersela guadagnare, con la pazienza od anche con l’astuzia.

Un uomo grande e nero segue quel signore, portando sulle spalle un baule giallo: la voce velata della mamma dice: qui, qui, — e si sente un rumore di passi o di oggetti che stridono sul pavimento: poi l’uomo, il signore, la mamma spariscono, e per qualche minuto Nino non vede più nulla.

— Non miagolare, — egli ripete al suo pecorino, — altrimenti quel signore scappa via, ed io ti metto in castigo.