Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/160

Da Wikisource.

— 154 —

do lontano azzurro e vaporoso, come se laggiù sorridesse già il mare.

Lia si sentiva quasi felice: aveva sorriso, passando, al suo antico amore, il buon colosso di bronzo che vigilava sulla folla indifferente, e le pareva di andare verso una nuova vita.

L’uomo invece era tediato, con un’aria di disgusto sul viso pallido; domandava se la donna di servizio era fidata e guardava lo sfondo azzurro con uno sguardo freddo e triste.

— Bè, — disse, arrivati davanti alla scalinata dell’ingresso. — Buon viaggio, signora Lia. Beata lei che va a respirare un po’ d’aria buona!

Lia fermò Salvador per l’omero.

— Saluta il signore.

1 bimbi si fermarono e il più espansivo fu Nino, che porse la sua manina e fece due o tre inchini.

— Arrivedella, arrivedella!

I suoi grandi occhi neri, dal bianco azzurregnolo, scintillavano come due stelle, mentre gli occhi dolci e limpidi di Salvador fissavano quasi ostili il Guidi.

Ben presto il gruppo della mamma nera coi bimbi bianchi all’ombra dei larghi cappelli gialli orlati di nero, s’allontanò per via Volturno, verso lo sfondo luminoso. Salvador disse:

— Perchè lo hai invitato? Anche là, allora bisogna che stiamo zitti.

— No, no, — disse Lia. — Là c’è molto spazio!