Pagina:Deledda - Nel deserto, Milano, 1911.djvu/254

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Fu una delle giornate più felici della sua vita. Piero uscì, e durante il giorno non si fece più vedere; ma ella non smise un istante di pensare a lui, sembrandole oramai di volergli bene come ad un fratello, con un affetto che neppure l’ombra di un desiderio impuro offuscava.

Nel pomeriggio andò coi bimbi a Villa Borghese: gli usignoli cantavano sulle quercie tremule lucenti; i prati eran pieni di bimbi, di donne vestite di chiaro, di preti rossi e violetti. Tutto un popolo variopinto passava negli sfondi dei viali, come attraverso uno scenario meraviglioso; pareva che nella Villa si desse una festa, una rappresentazione fantastica. Lia provava la stessa impressione di piacere che l’aveva rallegrata al suo arrivo a Roma: un mondo nuovo s’apriva per lei, uno spazio ove tutto era luce e armonia.

— L’amo, l’amo! — ripeteva a sè stessa.

Nella sua gioia guardava i fanciulli che giocavano fra l’erba, agile ed eccitato Salvador, un po’ molle e indifferente Nino, e le pareva che in fondo alla sua ebbrezza non cessasse di splendere la fiamma dell’amore materno, perchè se si rallegrava di sentirsi giovane e felice era per loro.

Appena tornati a casa, Nino e Salvador mangiarono con avidità e andarono a letto stanchi; Lia si mise a scrivere a macchina, ma non potè resistere a lungo come le altre sere.