Pagina:Deledda - Nell'azzurro, Milano, Trevisini, 1929.djvu/128

Da Wikisource.
124 nell'azzurro


fango e di spine. Si avanzò sino alla porta, ascoltando attentamente il fruscìo delle foglie scosse dalla brezza, il mormorio del torrente... Che cosa temeva?

Nulla, certo; pure, arrivato alla porta impallidì mortalmente e diede un passo indietro. Davanti a lui, con un feroce sorriso sul viso bruno, negli occhi neri dal truce splendore, stava Gianmaria.

— Piccolo diavolo, — diceva con feroce sarcasmo — hai creduto che io ti perdonassi?... Oh, pazzo che sei: ho giurato che hai da pagarmela e la pagherai...

— E l’anello?... — domandò Ardo con voce spenta.

— L’anello era forse tuo? Oibò, se tu non fossi stato là ad aggrapparmiti alle gambe, altro che l’anello avrei preso.

E intanto l’implacabile sapete che faceva? Sfondava la vecchia botte...

Ardo capì il terribile pensiero di Gianmaria: pianse e pregò di nuovo, ma tutto fu inutile: cercò di fuggire, ma gli fu impossibile; lottò corpo a corpo col bandito, strappandogli i capelli, la barba, graffiandolo in viso, morsicandolo come un cane arrabbiato, ma alla fine, stremato di forze, pazzo, delirante, si trovò rinchiuso nella botte, nuovamente