Pagina:Deledda - Nell'azzurro, Milano, Trevisini, 1929.djvu/129

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una terribile notte 125


inchiodata, facendo le funzioni di vino come aveva fatto quelle di ape, sepolto vivo infine.

Gridò anche questa volta, pianse, pregò, ma nessuno accorse, e disperato, convinto che doveva morire lì, si ficcò le mani nei capelli mentre al di fuori il mormorio del torrente pareva dicesse con un sogghigno:

— Disobbedienza... disobbedienza... sobbedienza... bedienza... enza... za... a... a... a...

***

...Attraverso il gran buco della botte Ardo vide il cielo imbiancarsi sempre più, farsi splendido, smagliante: vide il sole levarsi lontano lontano, dal suo letto di rose e d’oro, cinto di porpora come un imperatore romano: vide le montagne indorarsi al suo raggio: vide le foglie gialle dell’autunno, scintillanti d’ambra come immensi fiori di ginestra, adornarsi di perle... vide tutta la poesia dei mattini d’autunno in montagna, e pensando alla sua posizione ridicola e disperata, pensando che doveva morire lì dentro, di fame e di dolore, osò innalzare gli occhi al cielo e pregare fervorosamente Iddio perché gli mandasse aiuto.

Le ore passavano, ma l’aiuto non veniva, forse non sarebbe venuto mai più; e il povero Ardo,