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LIBRO QUINTO 253

soggiacessero a morte; nessuno de’ barbari porgendo aiuto alla imperiale fazione, anzi negli stessi aringhi, soccorrendo ai combattenti loro, avventavansi contro de’ Romani vessilli.

Gaine poi, avvegnachè si paresse a malincuore tollerante le Romane disavventure, singe ammirare gli stratagemmi di Tribigildo, celebrandolo insuperabile nella prudenza, e meglio co’ suoi accorgimenti, che non colla forza vincitore del nemico. Passato quindi nell’Asia senza recare la minore offesa ai terrieri, alle città ed ai campi, detto lo avresti unicamente correr dietro ai ribelli, ed essere in certo modo spettatore degli eventi. Attende poscia l’inoltrare di Tribigildo nell’Oriente, inviandogli con segretezza milizie per averle quindi cooperatrici dei proprj disegni, e le sue determinazioni rimaneansi per ancora sconosciute. Ora, se Tribigildo penetrato nella Frigia tosto diretto si fosse, non curante la Pisidia, nella Libia, nulla rattenuto avrebbelo dal conquistare a suo bell’agio e lei e la Ionia; donde in seguito fatta vela per le isole e messa in punto un’armata navale, forte quanto si vorrebbe, navigar potea fuor fuore per l’Oriente, e libero da grandi ostili scontri, saccheggiare tutto il suolo insino all’Egitto. Ma non volto l’animo a così nobile impresa, e determinatosi a condurre le truppe nella Pamfilia contigua ai Pisidi, capita in sentieri difficili e non praticabili dai cavalli. Qui, avvegnachè non avessevi esercito veruno ad arrestarli, un Valentino, abitatore di Selga, piccola città della Pamfilia ed a cavaliere d’un colle, uomo passabilmente istrutto nè privo