Pagina:Della Nuova Istoria.djvu/438

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Non vuoisi però tacere che gl 1 interpreti Ialini di Giuliano, e sopra tutto il Canteclair ed il Martini, spesso assai mal corrispondono alle loro promesse anche quanto all’esattezza ed all’inerenza, e che molti e gravissimi abbagli seppe rilevarne lo Spanemio nella sua edizione greco-latina delle opere del nostro autore.

Il nome del celebre critico ed antiquario tedesco ci conduce a favellare della sua traduzione francese dei Cesari, che sessantanni appresso fu seguitata da un’altra del La-Bletteric, plasmatore, quasi dicemmo, più presto che traduttore, anche di certo suo Misopogono c di alcune lettere. Niuno quanto il primo avrebbe potuto rendere un reale servigio a Giuliano, se alla diligenza rd alla scelta erudizione, accoppiato avesse il gusto ed il criterio di traduttore. Ma il valente critico non intraprese di voltare i Cesari, anche in una lingua non sua, sennonchè come una scrittura, la quale in poche pagine scorrendo le vicende di quattrocent’anni del romano impero, un’insigne e preziosa opportunità offerivagli di sciorinare in commenti e ragioni de’ commenti, una per altro non comune erudita suppellettile. Quindi non compilò ei già le note per servire al testo, ma così tradusse il testo che meglio prestare si potesse alle note, onde venne ad essere, ciò che parrà strauo, per soverchia diligenza infedele, e per soverchia dottrina noioso ed insipido. Ogni parola dell’autore è a’ suoi occhi uu arcano, ogni frase, una allusione. Se ella è vera e reale, ma nel testo appena accennata, gli occorre distenderla e conformarla all’uopo delle note; se ella è solamente possibile, gli conviene tal fiata, per la stessa cagione, ac-