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Pagina:Della Nuova Istoria.djvu/459

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rediamo eziandio per- questa orazione che alla fine del secolo stesso, e dopo la breve, ma non interrotta successione di rar) principi cristiani, poteva un pretore perorare sotto un imperatore ortodosso la causa del gentilesimo, chiedere, come necessario a contenere la fede de’ giudici e dei contendenti, il ristabilimento di un altare nella curia romana, e pretendere pel cadente sno culto quelle ampie concessioni che pongono il tollerato in perfetta eguaglianza del pubblico.

S. Ambrogio, che alcuni anni prima sotto Graziano erasi opposto alle stesse domande di Simmaco, ed a cui non manca chi attribuisca la persecuzione che poscia gli mosse Teodosio, rispose all’orazione di lui con altra diretta al giovane Valentiniano, ed il silenzio di questo santo intorno alle cose attribuite da Simmaco a Costanzo, è una novella prova delia loro veracità; come un’altra ne è del pari quello di Aurelio Prudenzio, poeta cristiano dell’età stessa, che all’orazione di Simmaco rispose con due interi libri di versi. Senzachè riesce soverchio il dire che un pretore di Roma, un uomo della fama e probità di Simmaco, non avrebbe voluto asserir dei falli che, dove falsi fossero, contraddetti li avrebbe la testimonianza del principe a cui, rivolgeva il discorso, non meno che quella dei contemporanei.

Noi non saremo al certo i lodatori nè dei sentimenti, nè dell’eloquenza di Simmaco, troppo vilipesa dal Tiraboschi (<?), ma non sappiamo esimerci dal considerare queste due orazioni, di S. Ambrogio e di Simmaco, sotto un aspetto assai più importante. Delira miseramente il pagano allorchè appella la sterilità dei raccolti e la fame che seguitavali, una punizione degli irati suoi numi pel negletto loro cullo, e per la miseria in che languire laseiavansi i suoi sacerdoti; ma parrà per avventura ch’ei favelli da discreto credente, e da non ispregevole filosofo, allorchè implora dal principe la lolle (a) Storia ec., voi. 3, lib. 4, pag. 4’3