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236 DELLA CONDIZIONE GIURIDICA

in termini generali l'aurea sentenza: «chi distrae le donne dagli studi, le allontana per quanto può, dalla rassomiglianza con Dio»1. Egli propone «alle nobili e valorose donne» uno studio assai largo delle letterature classiche, della grammatica italiana, della cosmografia, della geografia, della storia sacra, e uno dopo l'altro suggerisce loro la lettura di tutti i grandi scrittori classici e italiani, da Erodoto a monsignor Della Casa. Oltre al Gravina, anche l'Algarotti non pregiava la coltura femminile che nelle dame, scrivendo per queste il suo Newtonianesimo2.

Fu soltanto verso il fine del secolo decimottavo che il tema dei pregi e dei diritti del sesso femminile venne ripreso in Italia, ma con tutt’altro aspetto che non era stato fino allora. Tolte poche pubblicazioni di autori superficiali3, che scrissero per smania di dir cose piccanti e singolari4,

    ristampato nelle Opere scelte italiane del medesimo (Milano, Silvestri, 1819, p. 407 e seg.). Notevole fra gli altri il passo seguente: «le donne di alto affare debbono coltivare la parte ragionevole degli studi al sesso loro proporzionati, come quelle che avendo a custodire un gran tesoro, qual è la pudicizia e l'onestà in mezzo al commercio civile, han bisogno di maggior lume, se non per reggere altrui, almeno per reggere sé». Onde parrebbe che alle donne non di alto affare gli studi fossero del tutto inutili! — Il Napione (Dell'uso e dei pregi della lingua italiana, vol. II, p. 46) taccia di indiscrezione i suggerimenti del Gravina.

  1. Ib., p. 408.
  2. Il Newtonianesimo per le dame, di Francesco Algarotti (1a edizione., 1736).
  3. Fra gli altri va qui ricordato il singolare libello del dott. Giovanni Pirani di Cento: Le Convulsioni delle signore di bello spirito (Venezia, Graziosi, 1789), in cui si discutono le cause di una malattia più frequente allora che adesso fra le signore, vera malattia di moda, e causa principale se ne adduce la smania di figurare letterate.
  4. Tale mi sembra il carattere e l'origine di un altro libello, del Dialogue sur les femmes del celebre e ingegnosissimo napoletano abate Ferdinando Galiani. È concepito alla francese, e propriamente con quello spirito paradossale, che dominava nell'alta società parigina ai tempi della Enciclopedia, e che il Galiani si studiò di appropriarsi per essere più accetto ai suoi amici di Parigi, snaturando per un momento il carattere intellettuale dell'autore del Dialogo sul commercio de' grani, dei Doveri dei neutrali, e dell'immortale trattato Della moneta. Il dialogo è stato pubblicato verso il 1770 (V. Correspond. ined. de l'abbé Ferdin.