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88 DELLA CONDIZIONE GIURIDICA

l'uomo1, e massima virtù della donna l'obbedire2. Colla strana dottrina poi che ripone l'ideale del sociale perfezionamento nella generazione umana senza il concorso dell'uomo3, il Comte dà pur troppo a divedere che quella tanto decantata missione domestica della donna non è per lui altro che una nuova specie di servitù, per cui la donna dovrebbe esercitar la virtù del sacrificio e dell'abnegazione a maggior vantaggio della società, senza nessuna soddisfazione, né di amor proprio, né di affetto, e col solo stoico conforto di aver vinto se stessa, di avere repressa ogni più naturale aspirazione, conforto in vero impossibile a togliersi agli infelici ed agli oppressi. — A compensarle della inferiorità a cui le donne sono condannate dalle leggi e dalle abitudini odierne, il Comte fa brillare davanti a loro l'ideale della società positivista, di quella ben nota e tanto derisa teocrazia che egli immaginò sul finire della sua vita scientifica, teocrazia nella quale il culto della umanità avrebbe le donne per sacerdotesse, e queste alla loro volta riscoterebbero «adorazione» dagli uomini. Per verità gli è questo per se medesimo un ben magro compenso, prescindendo anche dalla lontananza della prospettiva, imperocché la donna rilegata fuori del mondo, e celata quasi nella sagrestia, perderebbe affatto colla libertà e colla responsabilità della sua condotta, la civile importanza, e la stessa coscienza di se stessa; sarebbe vera schiava per virtù di un ufficio sociale, invece di essere regina in mezzo ai doveri ed alle abnegazioni della vita domestica4.

Non sono al certo le dottrine contraddittorie del Proudhon, e neppur le vaghe dottrine del Comte, quelle che più fedel-

  1. Polit. posit., p. 248.
  2. Cat. posit., p. 287.
  3. Ib., vol. IV, p. 68 e segg.
  4. Questo lato delle dottrine di Comte è stato bene tratteggiato e censurato dalla signora Power Cobbe in un articolo inserito nella Cornelia (anno IV, n° 3).