Pagina:Della fortuna di Dante nel secolo XVI Barbi, 1890.djvu/41

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— 27 — onorò i fiorentini del cinquecento. Non usci in luce, qualunque ne fosse la causa, subito dopo l’approvazione dell’Accademia; ma non cessò di adoperarvisi intorno il Lenzoni: ne ampliò anzi il concetto primitivo, prendendo insieme con Dante a difendere la lingua fiorentina, e aggiungendo le regole per far bella e numerosa la prosa. Le cure familiari e i pubblici uffici C^), la incontentabilità sua di scrittore portarono in lungo il lavoro, si che, sorpreso dalla morte nel 1551, lo lasciava imperfetto alle cure degli amici; segnatamente di Pier Francesco Giambullari, il quale, " camminando per le dolci orme de’ suoi vestigi „, intese a ’^ condurlo a quel segno ^ che e’ si aveva di già proposto „. Ed aveva ridotto ogni cosa a quel migliore ordine e compiuiento che gli fu possibile, o preparato anche la dedicatoria a Michelangelo Buonarroti, a cui già intendeva indirizzare l’opera il Lenzoni, quando a lui pure veniva tolto il modo di pubblicarla. Morendo nel ’55, lasciava però l’incarico a Cosimo Bartoli di compiere il buon ufficio assunto verso la memoria del Lenzoni; al che il Bartoli soddisfece, (•) Per notizie sulla vita del Lenzoni vedasi l’Orazione di Cosimo Bartoli sopra la morte di lui recitata nell’Accademia Fiorentina, pubblicata in appendice alla Difesa di Dante, e i Fasti Consolari del Salvini. Scrive il Bartoli: «Negli studi delle buone lettere harebbe posto molto più cura et diligentia et consumato più tempo, s’egli non fosse stato molte volte soprafatto da’ pen«^ ieri et dalle cure familiari, alle quali, come ben sa qual si è l’uno di voi, bisogna che chi è carico di sette figli, de’ quali cinque ve ne siano femmine, et non abbia jyù abbondanti beni di fortuna che si bisogni, è forzato quasi di necessità a darvisi tutto».