Pagina:Della fortuna di Dante nel secolo XVI Barbi, 1890.djvu/62

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— 48 —. colanneafce nelle Battaglie’, ma ancora perché il Discorso usci da Firenze, e in Firenze dovea averlo lasciato il Muzio nella dimora, che vi fece corteggiando la signora Tullia d’Aragona, di che fa menzione il Varchi nelr Ercolano. Se non che " il dettato alquanto barbaro e pedantesco di esso Discorso „ lo distolse " dal poterlo creder opera d’uno scrittore assai regolato e gentile, come fa il Muzio „ (^). E veramente anche a me pare in ni un modo possibile che al Muzio appartenga quel Discorso, poiché l’autore apertamente confessa di non volersi ** sopponere a regola alcuna di scrittura o osservazione di questa lingua», della quale non cura " di sapere, oltre a quello che gli sia sufficiente a fare ed esplicare i negozi suoi „, lasciando ^Mo escellere in quella a quelli che l’apprezzano,, quanto il Varchi (2), E lo stile barbaro e pieno di latinismi comprova che non di uno scrittore intendente di nostra lingua è opera, ma di tale che ancora il volgare, come nei primi tempi dell’umanesimo, spregiava; non certo del Muzio, scrittore accurato, che l’uso della lingua comune difendeva, opponendo a coloro che la biasimavano, perché in essa non fossero state mai scritte se non " favole e ciancie’», l’esempio appunto di Dante (^). {*) Op. cit., p. 20, n. 1. (J) Discorso, p. 206. (^) Dicono adunque che in questa nostra lingua non ci sono state mai iscritte se non fauole e ciance, e che, da quelle remouendoci, ci ritrouaremmo impacciati: e ci adducono in mezzo gli scritti del Petrarca et del Boccaccio per cose leggerissime. uomini dotti, doue vi trasporta il furore’^ Io direi, che tornaste a ridire, se haueste punto di lingua; ma