Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 3.djvu/146

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fertile terreno, cave d’allume che gli danno buon provento, sorgenti calde e spiragli di fuoco.

Quasi nel mezzo fra quest’isola e la Sicilia sta quella che ora chiamano tempio di Vulcano1 sassosa tutta e deserta, e sparsa di fuoco, il quale esee fuori da tre spiragli, come se fossero tre crateri: anzi dal più grande le fiamme portano seco anche pietre, le quali hanno empiuta già molta parte del canale2. E dall’esperienza viene attestato che dai venti sogliono farsi maggiori cosi le fiamme di cui ora parliamo, come anche quelle dell’Etna; sicchè poi cessando quelli dal soffiare cessano anch’esse. Nè questo è punto fuor di ragione. Perocchè i venti si generano e si nutrono dei vapori del mare dai quali pigliano il loro principio: quindi coloro che hanno più e più volte veduto questo fenomeno non possono punto maravigliarsi che anche il fuoco dipenda da una materia di natura a lui affine, e dalle variazioni a cui questa soggiace3. Polibio poi dice che «dei tre crateri l'uno è in parte rovinato, gli altri rimangono tuttora; e il più grande ha la sua bocca rotonda di cinque stadii ; ma a poco a poco si va re-

  1. Così dice il testo comune: ἣν νῦν ἱεὰν Ἡφαίστου καλοῦσι. Meglio però, secondo i moderni editori, dirassi: Quasi nel messo fra quest isola e la Sicilia è Termessa, che ora chiamano Iera, cioè sacra a Vulcano. — La voce Termessa indicava i vulcani del luogo: la voce Iera significò poi sacra (a Vulcano).
  2. S’intende il canale onde Iera è disgiunta da Lipari.
  3. Per questa materia (ὕλη) intende l’Autore l’aria ed i venti.