Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 3.djvu/164

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del viver suo. Secondo una terza tradizione favolosa e già mentovata da noi egli disparve nell’isola; e potremmo aggiungerne altresì una quarta invalsa fra gli Eneti; i quali raccontano che Diomede finì appo loro la vita e v’ebbe quella che dicesi apoteosi.

Del resto le distanze da me indicate sono quelle assegnate da Artemidoro: ma il Corografo dice che da Brentesio fino al Gargano v’hanno cento sessantacinque miglia; di quivi ad Ancona duecento cinquantaquattro miglia. E Artemidoro da questo medesimo capo fino a... presso Ancona assegna mille e duecento cinquanta stadii; numero molto minore. Polibio1 poi dice che le distanze dalla Japigia furono misurate a miglia, e che di quivi alla città di Sila se ne contano cinquecento sessantadue; da Sila fino ad Aquileia cento settantotto. Ma queste misure non s’accordano coll’estensione che suole assegnarsi alla costa illirica, dai monti Ceraunii sino al fondo del golfo Adriatico: perocchè dicono che si estende oltre a sei mila stadii, e così la fanno molto piò lunga che non è quella d’Italia, mentre è invece molto minore. E tutti (come ho detto già spesse volte) discordano gli uni dagli altri nel determinare le distanze dei luoghi: però noi dovunque è

  1. Non si conosce il passaggio di Polibio a cui qui allude Strabone. Così parimenti è incerto qual punto della Japigia voglia qui indicare il nostro Autore colle parole ἀπὸ τῆς Ἰαπυγίας. Gli Edit. franc. inclinano a credere che debba intendersi il Promontorio Japigio (ora Capo di Leuca), sebbene riconoscano che in tal caso sarebbe impropria l’espressione.