Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 3.djvu/185

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libro settimo 177

di là dell’Albi, fin dove è contigua a cotesto fiume è occupata dagli Svevi: quindi le si congiunge la terra dei Geti da principio angusta, e distendentesi poi sino all’Istro verso il mezzodì, e verso il settentrione sin al confine della Selva Ercinia, la quale occupa anch’essa una parte di monti, poi si fa piana e si stende verso il settentrione fino ai Tirigeti1: ma non sapremmo indicare i precisi confini di queste genti. E per l’ignoranza appunto di questi luoghi furon creduti degni di fede coloro che inventarono favole intorno a’ monti Rifei ed agl’Iperborei; come avvenne anche di tutte quelle cose che Pitea raccontò de’ paesi situati lungo l’Oceano, fondando le sue finzioni sopra la notizia ch’egli aveva delle cose celesti e matematiche. Si lascino dunque in disparte costoro: nè prestiam fede a Sofocle dove in una sua tragedia favoleggiando di Orizia asserisce che, rapita da Borea «fu portata da quello a traverso di tutto il mare sino alle estremità della terra, alle sorgenti della notte, d’onde si scopre tutta l’ampiezza del cielo e l’antico giardino di Febo.» Perocchè queste cose non fanno al presente nostro proposito; e però vogliam tralasciarle siccome già fece Socrate nel Fedro2. Ciò poi che dall’antica storia e dalla moderna abbiam potuto raccogliere è quello che segue.

  1. I Geti occuparono per lungo tempo la sponda settentrionale del Danubio: e quelli di cotal gente che si stendevano sino al Dniester od al Tira prendevano da questo fiume il nome di Tirigeti (G.).
  2. Nel dialogo di Platone così intitolato.
Strabone, tom. III. 12