Pagina:Della geografia di Strabone libri XVII volume 3.djvu/195

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libro settimo 187

Perocchè avendo in animo di mostrare come delle cose lontane dall’Ellade gli antichi furono più ignoranti che i moderni, riuscirono ad una contraria dimostrazione; non solamente rispetto a’ luoghi lontani, ma sì anche rispetto a quelli che trovansi nell’Ellade stessa. Ma (come dicemmo) differiamo queste cose ai loro luoghi opportuni, e qui trattiamo soltanto di quelle che ora abbiamo alle mani.

«Egli è per ignoranza (dicono dunque costoro) che Omero non fa menzione degli Sciti, nè della loro crudeltà verso gli stranieri, nè dell’usanza che avevano di sagrificarli, mangiarne le carni, e valersi dei loro teschj invece di tazze, d’onde poi il Ponto fu soprannominato Axeno. E va per lo contrario fingendosi certi suoi famosi Ippemolghi e Galattofagi ed Abii, giustissimi fra gli uomini, che non sussistono in nessuna parte della terra. - Ma come dunque gli antichi denominarono Axeno quel mare s’egli è vero che non conoscevano la barbarie dei popoli ond’era abitato, e nemmanco quelli che nella barbarie superavano tutti gli altri? Or questi popoli non potevan essere se non gli Sciti. Diremo dunque che anticamente non vi siano stati nè Ippemolghi al di là dei Misii, dei Traci e dei Geti, nè Galattofagi, nè Abii? Pur vi sono anche al presente dei popoli detti Amassici e Nomadi, i quali vivono di pecore, di latte e di cacio principalmente cavallino; nè sanno mettere in serbo cosa nessuna, nè esercitano veruna arte di mercatanzia, fuor quella di permutare le merci. Come adunque diremo che Omero non conobbe gli Sciti, s’egli parla d’Ippemolghi e di Galattofagi?